Ti voglio raccontare una storia che si trova spesso nei libri sugli scacchi e che mi ha sempre fatto riflettere sul concetto di "interessi sugli interessi".
Non sappiamo con certezza chi abbia inventato il gioco degli scacchi: forse i cinesi, migliaia di anni fa, o forse gli indiani. Di sicuro, però, sappiamo che con il tempo il gioco si era diffuso prima in Persia e poi in Egitto, dove fu portato da un ambasciatore che volle insegnarlo al Faraone.
Il Faraone, affascinato da questo nuovo gioco, al termine della partita volle esprimere la propria gratitudine e chiese all’ambasciatore di esprimere un desiderio, qualunque esso fosse.
L’ambasciatore rispose che desiderava solo del grano.
"Un chicco sulla prima casella della scacchiera, due chicchi sulla seconda, quattro sulla terza e così via, raddoppiando fino alla sessantaquattresima casella."
Il Faraone, sorpreso dalla modestia della richiesta, acconsentì subito e ordinò di esaudire il desiderio.
Dopo alcuni giorni il funzionario reale si presentò e disse: “Maestà, per pagare l’ambasciatore non basta l’intero raccolto annuale dell’Egitto, né quello del mondo intero, né sarebbero sufficienti neppure dieci anni di raccolti mondiali”.
Cosa c’entra questa leggenda con l’anatocismo?
Anatocismo significa “produzione di interessi su interessi già maturati” e questa storia mi viene sempre in mente quando ne sento parlare.
È un termine bancario e giuridico che indica la maturazione di interessi su un capitale. Per esempio, in un finanziamento concesso da una banca o in un fido di conto corrente, si parla di anatocismo quando gli interessi si applicano non solo sul capitale, ma sul capitale più gli interessi maturati fino a quel momento, che a loro volta diventano capitale da restituire.
In pratica: interessi sugli interessi.
Le attuali normative, incluse le disposizioni del decreto n. 343 del 2016, vietano qualsiasi forma di anatocismo. Per esempio, oggi le banche applicano la stessa periodicità per il calcolo degli interessi debitori e creditori sui conti correnti. Prima gli interessi a debito venivano calcolati e addebitati al cliente ogni trimestre, diventando parte del capitale su cui venivano calcolati gli interessi dei trimestri successivi. Ora, invece, gli interessi vengono calcolati una volta all’anno, come già accadeva per quelli a credito. Inoltre, devono essere separati dal capitale a cui si riferiscono e costituire così una somma a sé stante.
L'anatocismo è illegale, ma è incredibile come, quando una persona non riesce a pagare le rate di un finanziamento, gli importi richiesti dalle società di recupero crediti continuino ad aumentare in modo quasi "esponenziale".
Nel corso degli anni ho visto molti atti di pignoramento, ma il caso che mi ha più colpito è quello di una signora separata, con una figlia a carico, che non riusciva più a pagare le rate di alcuni finanziamenti.
Con una cessione del quinto già in corso sulla busta paga, la prima società di recupero le aveva pignorato lo stipendio. Anche la seconda società di recupero le fece un atto di pignoramento, aggiungendo tutte le spese legali e gli interessi maturati, ma, essendo già in corso un pignoramento, si era messa "in coda", aspettando che il primo venisse estinto.
Quello che mi lasciò stupefatto fu che questa seconda società pretendeva che la somma dovuta continuasse ad accumulare interessi annui al tasso del contratto del 2005 (circa 18%), anche se non riceveva pagamenti.
Si può dire, con una punta di ironia, che neanche tutto il grano dell’Egitto sarebbe stato sufficiente.
Purtroppo, può capitare di avere difficoltà finanziarie e di non riuscire a onorare tutti gli impegni.
In questi casi esistono prodotti specifici, come la cessione del quinto e la delega di pagamento, che, con un addebito diretto sulla busta paga, ti permettono di gestire meglio questi problemi o di risolverli, magari estinguendo il debito a saldo e stralcio.
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